domenica 18 novembre 2007

La mala finanza: lo scandalo derivati



Da tempo sono convinto che la sovrastruttura finanziario-borsistica, con le caratteristiche che presenta nei paesi capitalisticamente avanzati, favorisca non già il vigore competitivo, ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio che opera sistematicamente a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori, in un quadro istituzionale che, di fatto, consente e legittima la
decurtazione ricorrente o il pratico spossessamento dei loro beni.
(Federico Caffè, Un'economia in ritardo, Boringhieri, 1976, pag.18)

La trasmissione Report di Milena Gabanelli di domenica 14 ottobre 2007 ha sollevato un polverone non tanto mediatico quanto presso l'opinione pubblica riguardo l'uso spregiudicato di alcuni strumenti finanziari sconosciuti ai più: i contratti derivati.

Ma negli ambienti finanziari questa tipologia di prodotti non è affatto nuova.
Già negli Anni 80 nei mercati anglosassoni ci si era resi conto della pericolosità e difficile controllabilità di questo specifico strumento finanziario.
Infatti proprio a partire dagli anni Ottanta le banche vengono spinte dall’accresciuta concorrenza ad imbarcarsi in attività nuove e rischiose che garantiscono alti profitti, non attraverso l’attività bancaria tradizionale e in alcuni casi anche ad operare ai margini della legalità o ad esercitare veri e propri comportamenti fraudolenti.
L’innovazione finanziaria (la telematica unita all’abbattimento dei costi del trattamento informatico e della trasmissione delle informazioni), favorisce poi la nascita di nuove categorie di titoli; la diffusione dei derivati si alimenta anche dal fatto che, a partire dagli anni Settanta, il mercato internazionale si dimostra più pronto a finanziare gli squilibri delle bilance correnti originatisi a seguito della fiammata inflazionistica e degli shock petroliferi.
Proprio come strumenti in grado di rispondere all’aggravarsi dei rischi finanziari dovuti alle fluttuazioni delle valute e dei tassi, si diffondono nuove tipologie di prodotti finanziari, i cosiddetti "financial futures", e tutti quegli strumenti che vanno sotto il nome di “prodotti derivati”, vale a dire contratti finanziari che derivano il loro valore da un bene “sottostante”, come ad esempio un’azione o un tasso di interesse.


L’elevato dinamismo e la crescita del mercato degli strumenti derivati, soprattutto quelli trattati in mercati liberamente organizzati dagli operatori (over the counter) in assenza di adeguate strutture legali di supervisione, ha contribuito a rendere maggiormente instabili i mercati finanziari (i dati pubblicati dalla Banca d’Italia indicano che nel periodo 2000-2006 il controvalore nozionale dei derivati OTC detenuti dai principali gruppi bancari italiani è passato da 1.400 a 6.200 miliardi di dollari USA).
La capacità di aggirare i controlli istituzionali nonché le potenziali alte possibilità di rendimento atteso, associate però ad un aumento dei rischi, di questi nuovi strumenti è oggi fattore di maggiore vulnerabilità del sistema finanziario mondiale, tanto più grave se si considera che questi nuovi strumenti non “posseggono” alcuna controparte nei fenomeni reali. Un problema che si acuisce nel caso delle piccole e medie imprese italiane, che non hanno le competenze e le dotazioni finanziarie adatte a rischiare grosso nel casinò dei mercati. Eppure, spesso allettate da promesse di guadagni sicuri, in tante si sono ritrovate a dover gestire situazioni assai delicate, subendo perdite ingenti.


Il dibattitto che (si spera) si aprirà riguardo a questo tipo di "finanza sommersa speculativa" dovrà riportare al centro della discussione le conseguenze reali sulle persone che l'uso consapevole da parte del sistema bancario e della Pubblica Amministrazione di questi spregiudicati strumenti finanziari provoca. Giusto per non ci sentirci ancora dire da qualcuno: "ma lo sapevamo e si poteva evitare" come nel caso dei bond Parmalat.


Il link è quello di un'assocazione di promozione della finanza solidale che ha lanciato una campagna di "pressione" su questo tema e propone di firmare una petizione che imponga a Banche e Pubblica Amministrazione di rendere trasparenti e "tracciabili" le operazioni finanziarie con i derivati.




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