giovedì 27 dicembre 2007

BANCHE ARMATE

L’obiezione monetaria (detta anche bancaria) è una forma di disobbedienza che si concreta nel rifiuto di depositare i propri risparmi presso istituzioni (le Banche) che ne facciano usi moralmente discutibili. Tra questi usi, uno a cui si è fortemente “obiettato” è quello degli investimenti bancari nel commercio di armi ed apparecchiature belliche.


Ad un certo punto i pacifisti che manifestavano per le strade contro la guerra si sono resi conto che investendo il proprio denaro in Banche coinvolte in traffici di armamenti i loro sforzi di combattere moralmente contro i conflitti erano un tantino frustrati dal prospero traffico di armamenti su rotta bancaria.

La legge 185 del 1990 [legge del 9 luglio 1990, n. 185 (Gazzetta Ufficiale n. 163 del 14/07/1990)] segna il primo approdo legislativo della campagna italiana contro i cosiddetti “Mercanti di morte” sviluppatasi tra gli Anni Ottanta e Novanta ad opera di associazioni religiose e della società civile. Questa legge impone il vincolo dell’autorizzazione ministeriale per l’importazione e l’esportazione di armamenti nonché la segnalazione e la vigilanza contabile sulle transazioni finanziarie aventi per oggetto gli investimenti in armi. In soldoni, secondo questa normativa, il Presidente del Consiglio è tenuto a relazionare in Parlamento sulle operazioni di vendita di armamenti italiani all'estero specificando il numero ed il tipo di autorizzazioni governative concesse, l'ammontare delle operazioni finanziarie etc...
Insomma prima di tutto la 185 del ’90 impone il fondamentale principio di trasparenza e controllo sulle operazioni finanziarie aventi come prodotti proprio le armi.
Ma la campagna contro le "banche armate" non si esaurisce negli anni successivi anche e soprattutto perchè nonostante questa legge e i numerosi mea culpa delle principali Banche italiane, gli affari dei mercanti d'armi continuano ad essere affari d'oro.
Così, dalla fine degli Anni Novanta tre riviste, Missione Oggi dei missionari saveriani, Nigrizia dei missionari comboniani e Mosaico di Pace di Pax Christi, riportano l'attenzione su questo tema rilanciando la "Campagna di pressione alle Banche armate".

Le buone notizie del 2007 sono che da luglio Intesa SanPaolo (il Gruppo SanPaolo Imi è stato per anni al top delle classifiche per l'esportazione di armamenti) ha annunciato di volersi ritirare dal business delle armi (sospensione definitiva della "partecipazione a operazioni finanziarie che riguardano il commercio e la produzione di armi e di sistemi d’arma pur consentite dalla legge 185/90") e UBI Banca (quarto gruppo bancario italiano) ha imposto regole precise sulle operazioni finanziarie riguardanti l'import-export di armi che potrebbero essere un valido modello per le altre Banche.
Ad esempio: un più rigido controllo sull'export di armi verso paesi dittatoriali o con divari tra spese militari e spese sanitarie, astensione dall'esportazione verso soggetti residenti in paesi non facenti parte della Nato, presa in considerazione dei reports delle organizzazione per la tutela dei diritti umani soprattutto in merito alle liste dei paesi in conflitto.

I dati dell'export italiano di armi per il 2006 segnalano un giro d'affari di oltre 2,1 miliardi di euro (+ 61% rispetto all'anno precedente). Tra i paesi destinatari, al primo post gli Stati Uniti, seguono poi paesi che si sono distinti per le "vessazioni nei confronti delle organizzazioni per la tutela dei diritti umani". No comment. La classifica delle Banche armate del 2006: oltre a SanPaolo Imi che detiene il primo posto, BNP-Paribas, Unicredit, Banca nazionale del lavoro (Bnl), Banca Intesa, Banco di Brescia ed anche Banca popolare di Milano.


Purtroppo quello delle Banche armate continua ad essere un fenomeno "nascosto"; nel senso che di solito i risparmiatori sono "passivi", cioè si limitano a depositare i propri risparmi cercando di investirli nella maniera più redditizia possibile senza accorgersi di alimentare in molti casi un circuito finanziario che vende anche morte oltre che profitti. Mi spiace esprimermi in questo modo ma è l'unico possibile, proprio perchè le persone oneste non pensano che i loro sudati risparmi possano servire ad ammazzare qualcuno a migliaia di kilometri dall'Italia.
(Infatti nonostante la legge 185/90 i dati dall'ultimo quindicennio mostrano che più del 40% dell'export di armi è stato diretto verso i Paesi del Sud del Mondo).
E forse ora che in Pakistan ci sono disordini a seguito dell'uccisione di Benazir Bhutto qualche arma che verrà usata sarà proprio proveniente dall'Italia e dalle nostre tasche precisamente.
Come è piccolo il mondo.....

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