sabato 5 gennaio 2008

DISTINZIONI




IDP è l'acronimo di Internal Displaced People. Cosa è un IDP? Secondo la definizione che ne da l'Internal Displacement Monitoring Center (IDMC) un IDP è una persona che a causa di conflitti e violenze, in situazioni di gravi violazione dei diritti umani è costretta a lasciare il posto in cui vive e fuggire ma senza abbandonare il proprio paese di origine (ovvero senza attraversamento di alcun confine). Gli IDP sono insomma rifugiati nei loro stessi paesi d'origine (quelli che nella nostra lingua potremmo
definire "sfollati").


Secondo le ultime statistiche dell'IDMC i paesi con una più alta percentuale di IDP sono: il Sudan, la Colombia, l'Iraq, la Repubblica Democratica del Congo, l'Uganda, la Turchia, la Somalia, la Costa d'Avorio e l'Azerbaijan.


Tutti questi paesi presenta il fenomeno dell'ID a causa di conflitti ed infatti solo per pochi dei paesi monitorati dall'IDMC, ad esempio la Thailandia, l'ID (Internal Displacement) rappresenta una delle conseguenze di gravi disastri naturali.
In totale, secondo i dati del 2006 sarebbero circa 25 milioni gli IDP nel mondo (L'Africa ne ospita la maggior parte: 11,8 milioni)



Ultimamente anche in Kenya, in seguito ai disordini scoppiati dopo le elezioni presidenziali si stima che 250 mila persone (dato aggiornato al 7 gennaio 2007) abbiano abbandonato le proprie case e stiano occupando scuole e chiese. Ma il problema dell'Internal Displacement non è nuovo per un paese come il Kenya che condivide con altri paesi africani (lo Zimbabwe e la Repubblica democratica del Congo ad esempio) fattori quali la lotta per il controllo delle risorse economiche, le conseguenze di una spartizione forzata delle terre, l'instabilità politica, che hanno ormai reso l'Internal Displacement un fenomeno cronico e ciclico. Le Nazioni Unite hanno stimato (ma è una stima da prendere con le molle poichè dovrebbe essere parzialmente corretta) che nel 2006 conflitti di origine diversa hanno portato alla fuga interna di più di 431 mila persone in Kenya.



"Internal displacement in Kenya is a complex and multi-faceted social problem that re-volves around and reflects unresolved issues of land and property, as well as the struggle for the control of political and economic resources. These intricate and sensitive issues, manifested in ethnic conflict, violent cattle raids, and government evictions characterised by human rights abuses have displaced people throughout the country. While the different displacement situations are distinct, they share common trends, and any effort to address them requires a holistic understanding of the political history of Kenya as well as the socio-economic and cultural dynamics of affected communities. "


("I'm a Refugee in my Own Country"- Conflit-Induced Internal Displacement in Kenya, IDMC, 19 dicembre 2006).*



A Burma, in Birmania (Myanmar), l'esercito governativo (che ancora non si è fermato) ha costretto alla fuga nella foresta migliaia di persone (i dati dell'ottobre 2006 testimoniano che almeno 500 mila individui siano stati costretti a lasciare le proprie abitazioni nell'est del paese).
La crisi umanitaria si è particolarmente aggravata anche a seguito delle proteste dei monaci buddisti contro il regime militare del paese. La situazione è particolarmente critica nello stato di Karen (est del paese) dove le politiche governative stanno tentando di soffocare con la violenza ogni forma di contestazione e stanno reprimendo le minoranze etniche ivi presenti.
Il video che ho messo nel link è un piccolo spaccato della vita di una persona che ricade nello status di IDP; costretta a scappare, senza nessuna protezione, perde ogni status giuridico. Per maggiori informazioni : http://www.khrg.org/photoreports/2005photos/gallery2005/index.html


Molto spesso a parte le attività della Croce Rossa o gli interventi umanitari di emergenza, considerato che i singoli paesi afflitti dal fenomeno dell'Internal Displacement non hanno i mezzi per portare avanti politiche mirate di assistenza agli IDP (o magari manca la volontà politica di farlo), questi ultimi godono di ben poche protezioni. Sono stranieri nella loro stessa terra, abbandonati a se stessi, soprattutto in quei casi in cui le violenze continuano e gli IDP non ricevono aiuto dalla comunità internazionale e sono al contempo impossibilitati a tornare a stabilirsi presso le loro case. Casi ancora più gravi e non infrequenti sono quelli in cui gli IDP sono presi nella morsa delle violenze, bloccati in un'area del paese, bersagli facili delle violenze e crudeltà che i conflitti si portano dietro.

Più che parlare di violazione di diritti umani si può dire che a queste persone non è riconosciuto praticamente nessun diritto. Sono prigionieri nel loro stesso paese e alla mercè delle dinamiche dei conflitti che nel loro paese sono scoppiati.


Oltre agli IDP, vi sono i rifugiati, coloro che richiedono asilo politico in altri paesi oppure i cosiddetti stateless (le persone che non hanno una nazionalità di origine, persons not considered as nationals by any State under the relevant national laws), tutte categorie sotto protezione dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), http://www.unhcr.it/ .
Dalle statistiche dell'UNHCR (fine 2006), esclusi gli IDP, sono emersi questi dati a livello mondiale:

- Rifugiati**: 9,9 milioni (paesi d'origine della maggior parte dei rifugiati: Afghanistan, Iraq, Somalia, Repubblica Democratica del Congo e Burundi)

-Persone che richiedono asilo politico: Circa 596 mila richieste (di prima istanza o ricorsi in appello) di asilo o per l'ottenimento dello status di rifugiato sono state sottoposte nel 2006 a diversi governi nazionali (il paese maggior recettore delle richieste è il Sudafrica, seguito dagli U.S.A., Kenya, Francia, Gran Bretagna, Svezia e Canada)oltre che agli uffici dell'UNHCR presenti in 151 paesi. Classificate per nazionalità le persone che hanno in maggior numero fatto richiesta di asilo sono: somali, iracheni, eritrei, cinesi e ruandesi.

-Stateless (senza nazionalità, apolidi): circa 5,8 milioni (numero più che raddoppiato rispetto alle rilevazioni del 2005)


Ai 24 milioni di IDP e ai 15,7 milioni di rifugiati e stateless, mi permetterei di aggiungere un ulteriore categoria che in parte sfugge alle statistiche delle agenzie internazionali ma rientra in quelle sui movimenti migratori. Sto parlando di quei temerari disperati che dall'Africa subsahariana attraversano il deserto e se sopravvivono approdano in Libia o in Marocco e se sopravvivono si pagano un viaggio sulle carrette del mare e se non naufragano approdano sulle coste europee.
E poi iniziano un altro viaggio per conquistarsi di nuovo la sopravvivenza ogni giorno.



Sarebbe un vero e proprio atto di onestà e buon senso considerare dunque le statistiche dell'IDMC dell'UNCHR e tenere anche conto dei disperati che corrono in braccio alla morte pur di sfuggire alla miseria e alla violenza dei loro paesi, quando si parla di politiche di immigrazione e di politiche di sviluppo.


* In questo rapporto dell'IDMC di più di un anno fa consiglia, considerata la matrice politica dell'ID (Internal Displacement) in Kenya, di correre ai ripari proprio in vista delle elezioni appena conclusesi.
** Questi calcoli sono stati fatti sulla base delle statistiche prodotte dall'UNHCR in collaborazione con i governi dei paesi presi in considerazione, disponibili all'indirizzo http://www.unhcr.org/statistics/STATISTICS/4676a71d4.pdf
Ma non ho tenuto conto dei rifugiati "di ritorno", cioè di coloro che aventi lo status di rifugiati hanno deciso di tornare volontariamente nel proprio paese di origine.

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